In Italia sono circa 6 milioni e, soprattutto,
sono in aumento costante, con crescite del 30/40% ogni anno. Di chi sto
parlando?
Dei vegani e dei vegetariani,
persone che scelgono di eliminare le fonti alimentari di origine animale dalla
loro dieta.
Su vegani e vegetariani si è scritto e detto
tantissimo, senza però dedicare sufficiente attenzione alle valenze
psicologiche che ci sono dietro a queste scelte.
Cosa si può dire in merito? Prima di tutto che è
necessario fare una distinzione tra la scelta di abbracciare una dieta vegana o
vegetariana in età adulta e quella di intraprenderla negli anni
dell’adolescenza.
Nel secondo di questi due casi alla base vi è
spesso la
voglia di sperimentare e, soprattutto per le ragazze,
l’immedesimazione nello stato di sofferenza dell’animale.
Esiste ovviamente anche la categoria di coloro
che associano allo stile vegano o vegetariano un controllo ossessivo del peso
e della quantità di calorie ingerita ogni giorno.
In queste situazioni, soprattutto se riguardano
gli adolescenti, è opportuno contattare un terapeuta,
in quanto alla radice dei comportamenti che ho appena descritto può esserci un
disturbo alimentare come l’ortoressia,
caratterizzato da un vero e proprio chiodo fisso per il cibo sano (gli
ortoressici passano anche diverse ore al giorno a pensare a cosa mangiare e a
quante calorie assumere).
I vegetariani e i vegani che scelgono di
abbracciare questi regimi alimentari in età adulta hanno invece come
particolarità comune la contrarietà allo specismo, ossia la tendenza ad attribuire agli individui un valore diverso
a seconda della specie a cui appartengono (il termine ‘specismo’ è stato
coniato da Richard Ryder, psicologo attivo da anni contro gli esperimenti sugli
animali dopo averli praticati agli inizi della sua carriera).
La psicologia del vegano e del vegetariano adulto
è quindi caratterizzata da un abbandono della visione antropocentrica che
caratterizza le scelte alimentari degli onnivori.
Una domanda che ci si pone spesso a questo punto
riguarda il motivo per cui solo alcune persone riescono ad arrivare a questa
conclusione. In tal caso è spesso opportuno guardare all’ambiente in cui la
persona vegana o vegetariana è cresciuta e dove ha imparato a provare empatia nei
confronti della sofferenza altrui, anche grazie alla presenza di un animale
domestico in casa.
Questa propensione all’empatia riguarda
soprattutto le donne, dal momento che nella loro formazione si mettono
maggiormente in primo piano le emozioni e aspetti come l’accudimento dei più
deboli.
Dott.ssa Mio Lì Chiung Ching Wang
Studio Salem - Centro Psicologico Milano